I PRIMI 3 ELEMENTI DA GUARDARE IN UN BILANCIO + UNA REGOLA AUREA

Comincerò quest’articolo con un’ovvietà.

Io non ho mai giocato alla roulette russa.

L’idea di avvicinare alla testa un’arma potenzialmente carica mi ripugna fortissimamente.

E grazie. Dirai.

Pure a me. Confermerai.

Nemmeno io ci ho mai giocato.

La domanda che me ne consegue, però, è: e lavorativamente? Hai mai giocato alla roulette russa versione business?

La risposta te la darò io: se hai iniziato a lavorare per qualche cliente, senza prima avergli passato il bilancio ai raggi X, sì.

Contrattualizzare un nuovo cliente e concedergli credito in qualsiasi forma senza analizzarne il bilancio è proprio la roulette russa dei professinisti e degli imprenditori.

Prima o poi ti passerà il colpo in canna, e potrai solo pregare Iddio che sia quanto più breve e indolore possibile.

Il potenziale cliente ha già una sua storia, ed è una storia in cui ha prodotto beni o servizi, li ha venduti, li ha richiesti, li ha pagati, li ha presi a credito.

Se questa storia fa già vedere una difficoltà, perché tu dovresti prenderti il rischio di fornirgli a occhi chiusi il tuo lavoro?

Il tuo tempo e la tua fatica sono preziosi come i suoi.

Di conseguenza, su www.credit-management.it andremo via via approfondendo insieme come verificare che il prospect abbia i requisiti di bilancio adeguati per trasformarsi in cliente, quello di oggi è solo il primo passo.

Se vuoi approfondire in autonomia, in calce all’articolo comunque ti segnalerò un paio dei miei libri preferiti sull’argomento.

Trattandosi di un primo passo, inizierei proprio dalle definizioni base, su cos’è il bilancio e da quali parti è composto. Ti avviso già che eviterò gli indici più conosciuti, su cui c’è già abbastanza informazione (o disinformazione), come il ROI,

Il bilancio è il documento informativo più completo sulla gestione aziendale, in grado di fotografare, almeno in maniera approssimativa, lo stato di salute di un’impresa in quanto ne rispecchia l’andamento sotto i punti di vista economico, finanziario e patrimoniale.

Si compone di 4 elementi:

  • stato patrimoniale;
  • conto economico;
  • nota integrativa;
  • rendiconto finanziario.

Vi possono essere, per talune società, anche ulteriori elementi, come la relazione sulla gestione o la relazione del collegio sindacale, ma non è ancorala sede per analizzare tali documenti, anzi oggi ci limiteremo a dare una definizione dei primi due e, a quel punto vedere i primi tre indici che analizzo di fronte ad un bilancio, rimandando a un successivo articolo i punti ulteriori.

Stato patrimoniale e conto economico si suddividono poi in più voci, andando a delineare quasi precisamente in che stato è la Società al 31 dicembre.

Dico quasi perché poi su come e quando imputare alcuni costi o alcuni ricavi gli amministratori ed i contabili giocano, a volte al limite del legale, a volte oltre, dando il Là a quelle aberrazioni che sono le politiche di bilancio, le quali rendono quello che dovrebbe essere lo strumento principe di valutazione della salute dell’impresa uno specchio per allodole ricolmo di metriche delle vanità.

Questa frase ora probabilmente ti sembra un vaneggiamento, ma via via che approfondiremo ti sarà più chiara.

Lo STATO PATRIMONIALE è un rendiconto a sezioni contrapposte della situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa.

Fotografa quindi la situazione di patrimonio e liquidità al momento della chiusura dell’anno di esercizio.

La prima sezione è l’ATTIVO, detta anche impieghi, che indica per cosa l’azienda spende i soldi, diviso nelle varie tipologie di investimenti e impieghi.

La seconda sezione rappresenta il PASSIVO, o le fonti, ed indica quanto denaro l’azienda ha ricevuto dai finanziatori esterni e quanto ne raccoglie al proprio interno (utili non distribuiti, ecc.).

Il CONTO ECONOMICO rappresenta la situazione dell’impresa dal punto di vista reddituale (in italiano comune: la differenza di quattrini tra il primo gennaio e il 31 dicembre) con una struttura rigida decisa dalla legge e chiamata “scalare per natura”. Parte dai ricavi (cioè il fatturato, insomma i quattrini di cui sopra che dovrebbero essere entrati o in entrata) sottraendo via via i diversi tipi di spesa, partendo dai costi della produzione per arrivare alle tasse, rimanendo con l’utile netto o la perdita, dopo aver pagato l’erario.

Due documenti molto diversi, quindi, uno paragonabile a una fotografia, l’altro a una pellicola, per capire cosa ha fatto l’impresa nel corso dell’anno e come si trova alla fine.

Nei bilanci si trova peraltro non solo l’anno in corso, ma anche l’anno precedente, e questa è una cosa importante. Alcune analisi verrebbero meglio  avendo a disposizione anche qualche ulteriore esercizio.

E’ il caso della prima voce che devi studiare. E ora iniziamo a lavorare sul serio.

Il fatturato.

PRIMO ELEMENTO DA VERIFICARE CON ATTENZIONE: IL FATTURATO

Con precisione, nel bilancio si legge: VALORE DELLA PRODUZIONE.

È costituito dalla somma di 5 fattori: Ricavi delle vendite e delle prestazioni; Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; Variazione dei lavori in corso su ordinazione; Incrementi di immobilizzazione per lavori interni; Altri ricavi.

Le prime tre voci rappresentano la parte più importante, costituiscono infatti i ricavi dell’attività propria del’impresa.

Le altre due sono meno significative. Se sono elevate e finiscono per risultare una componente importante del valore della produzione, hai già un campanello d’allarme: significa che tanto valore è creato non da ciò che l’impresa dovrebbe fare, ma da altre attività che potrebbero non ripetersi (ad esempio un altro ricavo potrebbe essere dovuto ad una vendita di beni non prodotti dall’impresa, magari strumentali, oppure all’affitto di terreni o edifici).

Ad essere sincero anche la voce Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti a me spesso non piace: significa che l’azienda ha prodotto più di quanto ha venduto, e può rappresentare il primo passo di un trend negativo.

Primo controllo, quindi: come è composto il Valore della produzione? Si basa sui ricavi dell’attività propria dell’impresa oppure su altri elementi? Se sono altri elementi, quali?

A questa domanda possono rispondere gli altri documenti del bilancio o, se tacciono, bisogna alzare il telefono e fare due domande a controparte. L’ho già detto precedentemente: nessun pudore nel fare domande ai potenziali clienti, devono sapere e volere rispondere, sennò ti stai prendendo un rischio.

A questo punto concentriamoci sui Ricavi delle vendite e delle prestazioni.

Sono quelli che ci piacciono di più perché dovrebbero rappresentare il valore effettivo che l’impresa produce.

In teoria.

In pratica ci porremo almeno tre serie di domande.

  1. i ricavi sono elevati o sono bassi, in rapporto alla struttura dell’azienda? Se un’azienda ha 10 dipendenti e fattura 80mila euro ti piace?
  2. il trend è in miglioramento o peggioramento? E’ un trend costante oppure altalenante?
  3. in caso di aumento del fatturato, i costi correlati alla produzione aumentata dovrebbero essere a propria volta aumentati, ma l’aumento dei costi è proporzionale oppure più che proporzionale? E’ stato sostenuto con indebitamento? A breve o a lungo termine?

E per tutte e tre le serie: come e perché?

Vediamo nel dettaglio cosa ci dicono le risposte a queste domande.

La prima serie ti può sembrare scontata, serve a capire se l’azienda sta in piedi oppure ha una struttura superiore a quella che può mantenere. E’ indubbiamente bello vedere il fatturato, ma può essere una metrica della vanità nel momento in cui i costi sono palesemente fuori dalla grazie di Dio.

Il motivo per cui devi esplicitare questa analisi è che molte volte la rogna è nascosta: magari in bilancio risultano costi molto contenuti, ma solo perché ancora non hanno influito come avrebbero dovuto.

Devi essere tu a porti queste domande, perché di certo il cliente non ti anticiperà nulla, in quanto nel migliore dei casi non si è accorto dell’anomalia, nel migliore l’ha occultata lui stesso.

Metti il caso di consulenti che non hanno ancora terminato l’attività e i cui costi non siano stati correttamente conteggiati per competenza, con il tipico trucco di chiudere entrambi gli occhi. Devi verificare nello stato patrimoniale i ratei passivi, pregando che almeno questi siano stati inseriti.

Oppure metti che si annotino spese per il personale bassissime, ma un elevato numero di dipendenti. Magari sono stati assunti nell’ultimo trimestre, e l’anno prossimo incideranno diversamente, occhi aperti!

Anche al secondo sono abbastanza sicuro che hai sbuffato.

Certo che guardo il trend, avrai detto. Il problema è come lo guardi.

Non basta vedere il miglioramento costante, va verificata la percentuale di miglioramento e la sua giustificazioneÈ un 5% ogni anno, che evidenzia un costante lavoro commerciale e di produzione, oppure ha fatto 3%, 3%, 18%, e quindi va ancora capito se sia sostenibile il passo avanti dell’ultimo anno?

Non sto scherzando, ho già scritto in un altro articolo, ma lo ripeto qui: ho visto personalmente dare fiducia a un’azienda che dopo due anni di crescita moderata, in un anno ha avuto un aumento del 300%. Con quali risultati lo lascio immaginare: non avevano la struttura per starci dietro. BOOM!

Personalmente, quando vedo variazioni abnormi mi preoccupo a priori. Il che non significa che poi non vado avanti, ma che prima chiedo conto della variazione.

È una regola aurea che mi sento di condividerti, prendila come un bonus: se ci sono grosse variazioni, in qualsiasi voce del bilancio, in qualsiasi direzione, chiedi perché.

Per l’amor del cielo, fallo con i giusti modi, non essere scortese, anzi sii commerciale. Fallo, però.

Tornando sulle domande inerenti la crescita: a fronte del miglioramento, negli anni scorsi le spese come sono variate? Perché se a fronte del +5%, ogni anno hai davanti un +8%, probabilmente qualcosa non funziona e devi starci attento. Sarà ancora in positivo, ma per quanto?

Al contempo, altra valutazione: una riduzione del fatturato potrebbe essere un miglioramento di redditività dell’impresa.

Magari ha rinunciato ad un cliente che portava più costi che benefici.

Se il fatturato è sceso del 10%, ma i costi sono scesi del 20% (true story anche questa, vista con i miei occhi) siamo di fronte a un non problema, o comunque a un problema non troppo rilevante!

Questa è già l’introduzione alla terza serie di domande: vatti a vedere i costi, non solo il fatturato perché il fatturato è metrica di vanità!

Anche qua mi pare di sentirti: chiaro che controllo come si sono evoluti i costi.

Bravo.

Però anche qua esci dal conto economico e vai sullo stato patrimoniale. A questo punto controlla i debiti. Come si sono procurati i soldi? Hanno iniettato capitale i soci (va benissimo) oppure hanno sfruttato utili non distribuiti (va ancora più bene) oppure hanno chiesto alle banche (va meno bene)? Se hanno chiesto alle banche, l’hanno fatto con un prestito a lungo termine (accettabile) oppure hanno sfruttato il fido (scappa!!!).

Con queste domande ti sarai fatto già un’idea più chiara della reale incidenza del fatturato, alto o basso, in miglioramento o peggioramento che sia, sulla prospettiva di vita dell’impresa.

Possiamo quindi passare al secondo degli elementi da controllare, andando negli elementi che mi piacciono di più, cioè gli indici di liquidità. Gli indici di liquidità non parlano di quanti soldi sembra che abbia l’impresa, parlano dei quattrini che può effettivamente mettere sul tavolo, e sono quindi dei rilevatori di solvibilità vera.

Sono molti, per ora vediamo il primo: l’indice di solvibilità secondaria, o quick ratio.

SECONDO ELEMENTO DA VERIFICARE CON ATTENZIONE: IL QUICK RATIO

E’ il rapporto tra disponibilità liquide e crediti a breve termine con i debiti a breve termine.

Rappresenta quindi la possibilità da parte dell’impresa di pagare senza crisi finanziaria i debiti esigibili in corso di esercizio.

Se il rapporto è maggiore di 1, l’azienda non ha problema di liquidità.

Se è maggiore di 2 può andare tutto bene o addirittura esserci un eccesso di liquidità.

Se è tra 0,5 e 1, è meglio tenere gli occhi bene aperti (io personalmente non sarei per nulla soddisfatto, ma si può valutare comunque la collaborazione).

Sotto lo 0,5 c’è uno squilibrio finanziario in corso o imminente e un discreto rischio di insolvenza.

In pratica si deve matematicamente applicare la seguente divisione: “Disponibilità immediate”+”Crediti a breve termine”/”Debiti a breve termine”.

Questo è il modo in cui io calcolo l’indice di solvibilità secondaria, altri lo chiamano indice di solvibilità primaria, mentre per me questo è il cash ratio, cioè il rapporto tra liquidità immediate e debiti a breve, e lo vedremo un’altra volta perché la sua insufficienza è considerabile (fino a un certo punto) meno grave.

E ora approfondiamo: anche se con due righe lo abbiamo già spiegato, questo indice è importantissimo.

Davvero.

Non verificarlo è come attraversare una strada a occhi chiusi. Significa che non guardi come il prospect sta organizzandosi per pagare i creditori, e quindi come farà a pagare te.

Non avere un quick ratio positivo è il primo passo per la crisi finanziaria grave.

È il modo in cui si arriva al sovraindebitamento senza passare dal via, innestando un circolo vizioso di uscite ravvicinate coperte con entrate distanti, finché non si inizierà ad andare in affanno e non riuscire a coprire un debito, poi un altro, poi un terzo, finché qualcuno non si arrabbierà seriamente.

Di solito una banca, che passa a sofferenza i mutui chiudendo l’unica strada (sbagliata) con cui il cliente si procurava liquidità per pagare i fornitori che quindi gli porteranno i libri in tribunale.

Il terzo ed ultimo indice che analizzo è direttamente derivante quick ratio, ed è l’analisi del Flusso di cassa.

TERZO ELEMENTO DA VERIFICARE CON ATTENZIONE: IL FLUSSO DI CASSA

Questo serve a indicare l’ammontare di liquidità “prodotta” nel corso dell’esercizio.

E’ dato dalla differenza tra il quick ratio del periodo in analisi e quello dell’esercizio precedente.

Se ne risulta un valore positivo, significa che non è stata generata ulteriore liquidità, diversamente l’impresa ha assorbito più quattrini di quanto ne abbia potuti generare.

A questo punto bisogna andare a vedere le cifre vere e proprie, e valutarne l’incidenza.

Può essere che siamo comunque soddisfatti di fronte a un risultato negativo, perché dato da operazioni che non si ripeteranno.

Può essere che lo stesso valga in positivo, facendoci preoccupare.

Una volta capito da cosa è dovuto il risultato, possiamo azzardare una valutazione sulla futura solvibilità.

Se non ci sono visibili elementi che la diminuiscano, possiamo considerare che anche per il prossimo anno potrà pagare.

Se vediamo dei punti stridenti, possiamo prendere nota che al momento ce l’ha fatta ma avere dei dubbi per il futuro.

Senza la sfera di cristallo non possiamo avere certezze, ma questo si chiama rischio d’impresa. Intanto possiamo dire di aver eseguito una proiezione prodotta con buon criterio.

Come sempre, le cifre e i risultati vanno rapportati tra loro, e messi in relazione agli altri indici del bilancio che più avanti approfondiremo.

Credo però che per un unico articolo ci sia abbastanza carne al fuoco, e che se non avevi mai guardato a un bilancio per valutare un cliente, ci siano sufficienti spunti di riflessione per la prossima volta.

Comunque, già con queste considerazioni puoi evitare qualche scivolone macroscopico.

Ti riassumo per comodità i punti definiti oggi:

  • prima di contrattualizzare un cliente il bilancio va guardato;
  • il bilancio è composto da 4 parti principali, Stato patrimoniale, Conto economico, Nota integrativa e Rendiconto finanziario;
  • Nel conto economico si vede quanto fattura l’azienda. Dobbiamo controllarlo e farci un sacco di domande sull’effettiva incidenza del dato;
  • Dallo stato patrimoniale si vede la liquidità d’impresa. Calcolare il rapporto tra crediti a breve termine e debiti a breve termine è il primo passo per evitare imboscate finanziarie;
  • Vedere come si è evoluto questo rapporto è una condizione necessaria per capire la reale salute finanziaria dell’impresa e proiettarne la solvibilità futura.

Se volessi approfondire in autonomia cos’è il bilancio, e come leggerlo, ti consiglio tre libri.

Il primo è il meraviglioso “Finalmente ho capito come leggere un bilancio”, di Maurizio De Prà e Silvia Irene Castelli, edito da Vallardi.

Si tratta di un testo divulgativo ma preciso, capace di coniugare un linguaggio semplice a delle informazioni complesse.

Il link ti manda alla versione Kindle, in quanto la versione cartacea del libro, che puoi trovare qui, al momento non è immediatamente disponibile su Amazon (anche se ho buone speranze).

Il secondo è Il bilancio – Principi generali, struttura e regole di valutazione“, di Erasmo Santesso e Ugo Sòstero, edito da Il sole 24 ore.

Questo è un testo più complesso, molto completo. Chiaro ma già più specialistico.

Sebbene del 2006, è attuale in quanto le norme che spiega e le indicazioni sono generali e tuttora valide.

La brutta notizia è che comunque non lo si trova immediatamente disponibile. Te lo linko comunque, per il futuro.

Infine… me stesso! Ecco il link alla pagina Amazon in cui si può trovare il mio Manuale pratico di gestione del credito commerciale edito da Primiceri Editore. Ho davvero cercato di approfondire tutti gli aspetti della gestione crediti che mi trovo quotidianamente di fronte nel mio lavoro di credit manager, dall’apertura del cliente al recupero, dall’analisi del credito al passaggio a perdita.

Con questi suggerimenti, ti lascio, augurandomi di averti dato delle informazioni di buon valore. Se hai domande o annotazioni, non esitare e sentiti libero di esprimerli nei commenti.

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