Un casolare sperduto in mezzo al nulla. Il telefonino non prende, guardandolo l’uomo nell’auto impreca contro il gestore. Un cane abbaia in lontananza mentre il sole scende tra le colline. Il tizio spegne la macchina e scende, sistemandosi il cavallo dei pantaloni e guardandosi attorno. Tra la polvere del tramonto, gli unici rumori sono un frinire di cavallette ed il cigolare della banderuola sul tetto della casa colonica. Fa un respiro e si dirige verso la porta.
Chi non ha visto questa scena? Più o meno in questa maniera comincia un’intera filmografia del cinema horror, e puoi già sapere che il protagonista di questi momenti è destinato a morire a breve, probabilmente in maniera orribile e dolorosa.
Purtroppo, questa scena non appartiene solo all’iconografia del terrore, bensì anche alla comune esperienza del recuperatore che gestisca clienti fuori della città.
Cambio di prospettiva. La luce dei lampioni non arriva a schiarire la strada. Il tizio parcheggia accanto al marciapiede, tra una bottiglia di birra rotta e le erbacce che crescono nelle crepe dell’asfalto. Una pioggia sottile copre tutto, si infila tra la camicia ed il collo e sembra che ignori l’ombrello che viene vanamente aperto. Da un negozietto di alimentari, il gestore e tre giovani lo fissano con espressione sardonica ed equivoca. Il tale sistema la cravatta come può, e si dirige tra i palazzoni fatiscenti. Cerca un nome tra i campanelli e, dopo un breve scambio al citofono, entra.
Anche in questo caso, se la sensazione che avete è quella di una pellicola hard boiled, con Marlowe che indaga su pericolosi malviventi, e di nuovo è invece un’esperienza tipica del recuperatore.
Per la campagna, ai bei tempi svariavo tra Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino-Alto Adige, e quasi ad ogni giro visite mi capitavano un cliente o due che abitavano in luoghi dimenticati da Dio e dagli uomini. Badate bene, sostengo ora, come ero profondamente convinto allora, che quasi tutti i clienti residenti in tali luoghi siano bravissime persone, rispettose delle leggi e della vita. Ciononostante, non prendiamoci in giro: finché non lo conosci, non puoi sapere com’è il cliente che stai per trovarti di fronte, e può essere tanto la fata Smemorina quanto Faccia di cuoio. Tu devi approcciarti al cliente come se ti aspettassi la prima, ma prendere delle precauzioni come se ti aspettassi il secondo. Non significa vivere nella paura, ma significa evitarsi tante brutte situazioni. In fondo, ricordiamocelo: basta un solo squilibrato per accomodarti all’ospedale.
Anche lavorando nelle città, comunque, le occasioni per farsi prendere dal panico sono frequenti. Nelle cosiddette periferie ci sono interi quartieri in cui sarebbe meglio non mettere piede. Eppure, noi bravi recuperatori ci mettiamo auto, piede e valigetta. Anche in questo caso vale il medesimo pensiero: per lo più avremo davanti brave persone, semplicemente in difficoltà, eppure chi sa quando troveremo il soggetto sbagliato?
Poco da ridere, è tutto vero. Prima che tu dica che non è vero che recuperare crediti può essere pericoloso, ti vorrei raccontare due episodi, uno nella mia esperienza ed uno capitato ad una collega.
Per trovare un cliente mi ero dovuto recare presso la sua officina. Avevo da poco superato i 25 anni, ero uno sbarbatello con pochissima esperienza ed ancora molto timido… Dopo un pò di difficoltà, venendo ignorato da chiunque, ecco che finalmente il cliente si degna di venirmi incontro. Con in mano una chiave inglese. Una enorme chiave inglese. Che sbatteva con aria vagamente minatoria su una mano. Ci guardiamo negli occhi. “Se mi da l’indirizzo di casa torno più tardi, così non ci sono persone”, gli faccio, faticando a non indietreggiare. “Sì. Mi pare meglio”.
Game. Set. Match. Fine della visita.
Più tardi, nel pomeriggio, tornai in zona e lo convinsi a pagare, grazie anche al supporto telefonico della responsabile della pratica. Ma se avessi detto la frase sbagliata, o avessi sbagliato l’atteggiamento, mi permetto di credere potesse finire molto diversamente.
Un altro episodio è di un collega. Suona al campanello, entra. Parla con la cliente che si agita. Non c’ero, quindi non so precisamente come sia andata, se magari anche da parte del recuperatore ci sia stato qualche atteggiamento poco corretto, non credo, perché lo conosco come un collega molto capace nella relazione coi clienti, ma è possibile (d’altronde errare è umano). So però che è finito in ospedale con una bella contusione dopo che la cliente gli ha rotto un ombrello in testa.
Per cui, mettiamoci via la consapevolezza che portare a casa soldi può essere estremamente pericoloso.
Siccome anche il mio vecchio capo – persona estremamente ligia al dovere e con una inflessibile etica del lavoro – mi raccomandava di portare a casa, nell’ordine, “la pelle, la macchina e, se riesci, pure due soldi”, nostro dovere è comportarci in maniera prudente ed adeguata per portare a casa pelle, auto e soldi. Scordarsi uno qualsiasi di questi tre fattori significa, nel migliore dei casi, stare facendo un pessimo lavoro.
Ribadisco il concetto: nella maggior parte dei casi le precauzioni saranno un’inutile dimostrazione di cinismo e pessimismo, cionondimeno vanno prese, perché la possibilità che qualcosa vada storto esiste ed è nostro compito gestirla per portarla ai minimi termini.
Ci sono poche cose che possiamo fare:
- prepararci bene alla visita
- essere sempre cortesi e professionali, evitando le provocazioni
- coordinarci con l’ufficio
Prepararci bene alla visita significa molte cose.
Si parte dal non andare a chiedere soldi che non ci sono dovuti per arrivare a non stuzzicare il cane che dorme. Se il cliente è notoriamente violento e pericoloso, non è opportuno andarlo a raggiungere in una zona poco popolata oppure pericolosa.
Torno a fare un esempio tratto dalla mia esperienza: il cliente di un portafoglio bancario che era stato acquisito dal Gruppo era un noto mafioso locale, pertanto nemmeno l’ufficiale giudiziario andava mai alla sua abitazione, ed arrivavano regolarmente esiti di pignoramento negativi. Se avessi pensato di andarlo a trovare io di persona, avrei semplicemente cercato rogne, e di quelle brutte!
Prepararsi significa poi avere già in mano la risposta alle eventuali obiezioni, ed avere la capacità di esporle correttamente. Andare a casa di qualcuno con aria arrogante e chiedere un adempimento non dovuto o relativo ad una controprestazione la cui origine è oggetto di contestazione si qualificherebbe come comportamento poco professionale e capace di aumentare i rischi.
Questa seconda parte ci porta alla cortesia e professionalità. Se sono sempre necessarie in ogni fase del lavoro, tanto più lo sono in visita. Non essere provocatori, non essere sgarbati, non dare l’impressione di giudicare il cliente sono i tre punti base di ogni incontro, senza i quali le nostre possibilità di portare a casa i soldi (ma anche la macchina o la pelle) tendono a diminuire drasticamente.
Non significa cedere o essere molli, ma avere la capacità di presentare le nostre ragioni nella maniera migliore. Un buon recuperatore deve avere il giusto mix di faccia tosta nel rappresentare gli interessi creditori e di diplomazia nel farlo, e queste due caratteristiche devono equilibrarsi perfettamente!
Anche coordinarsi con l’ufficio significa molte cose.
Tre esempi tipici. Il primo è il seguito della visita al tizio della chiave inglese. Dopo essere uscito scornato dall’officina, ho chiamato la collega mettendoci d’accordo sul seguito, ed abbiamo condiviso un copione molto funzionale. Eccomi quindi tornato da lui, ed invece di andare a pesce sul recupero, mi metto a giocare a sbirro buono e sbirro cattivo. Io faccio il buono, mentre la cattiva sarà al telefono dall’altra parte della cornetta. L’unica presentazione fu il mio nome e il nome della mandante, seguito da “guardi, siccome non seguo io personalmente la posizione, ed ho capito che è complicata ed è meglio decidere insieme una soluzione su misura, ora chiamo direttamente la responsabile in ufficio e la metto in vivavoce, così possiamo fare le cose subito per bene”. Il seguito del teatrino vedeva il sottoscritto che spiegava come ero col debitore, che si mostrava assolutamente volenteroso di collaborare, e la collega che spingeva all’inverosimile, e si concludeva con un piano di rientro rateizzato. Alcuni colleghi, puristi del recupero domiciliare, non sarebbero d’accordo con questo metodo; francamente, io ho sempre preferito ottenere il risultato piuttosto che seguire alla lettera i manuali.
Esempio due: alta montagna, da un momento all’altro, qualche centinaio di metri prima della casa del debitore, spersa in mezzo alle Alpi carniche, la rete telefonica non arriva. Il cliente è uno che mi ha già precisato con dovizia di particolari dove posso mettermi le rate del mutuo che non ha pagato. Io, però, devo andare, perché è il mio mestiere. Risolvo chiamando in ufficio e dicendo: sto andando dal cliente Mario Rossi, pratica n. 12345, via del nulla in mezzo al nulla. Se prima delle sette non richiamo, puoi per favore preoccuparti?
In questo secondo esempio il collega non può aiutarci, ma almeno possiamo dare un indizio alle FF.OO. su dove cominciare a cercarci…
Ovviamente, nella visita non successe nulla: da un lato, il cliente alla fine era stato nervoso ed era più che altro un leone da cornetta (precursore dei moderni leoni da tastiera), dall’altro, io come sempre mi ero presentato in maniera tale da non risultare irritante, ma da farlo ragionare a mente fredda sui vantaggi del trovare una soluzione condivisa con la società mandante.
Infine: situazione simile, ma almeno il telefono prende. Soluzione parallela alla precedente, chiamando l’ufficio con la richiesta: mi chiami ogni mezz’ora finché non esco da lì?
Possono sembrare delle sciocchezze, la maggior parte delle visite non è così, è molto più rilassata e senza rischi se non la negatività. Siccome però il diavolo a volte può metterci lo zampino, il bravo recuperatore deve essere anche prudente!
Se anche tu hai avuto esperienze per cui hai sentito la necessità della prudenza, ed hai trovato altre strade e soluzioni, ti chiedo la cortesia di commentare l’articolo e farmele sapere: è sempre utile!
Se invece pensi che possa essere utile a qualcuno, non esitare a condividere queste mie esperienze!
Per approfondire il tema, non posso che consigliare, prima di tutto… me stesso! Ecco il link alla pagina Amazon in cui si può trovare il mio Manuale pratico di gestione del credito commerciale edito da Primiceri Editore. Ho davvero cercato di approfondire tutti gli aspetti della gestione crediti che mi trovo quotidianamente di fronte nel mio lavoro di credit manager, dall’apertura del cliente al recupero, dall’analisi del credito al passaggio a perdita.
L’arte di recuperare i crediti. Manuale operativo per negoziatori crediti problematici, di Gianpaolo Luzzi, è un libro incentrato proprio sulla gestione della visita esattoriale eseguita in maniera seria e professionale.
Farsi Pagare Senza Perdere Clienti di Giampiero de Donato mette un interessante accento sull’atteggiamento da tenere col cliente e sul farsi giustamente rispettare.
Uno dei miei capi diceva infine che, per fare richieste potenzialmente sgradite alla controparte ma utili alla nostra parte, bisognava leggere Il principe (di Macchiavelli) per sapere cosa chiedere, ed Il piccolo principe (di Saint-Exupéry) per sapere come chiederlo. Io sul piccolo principe mi permetto di nutrire tuttora dei dubbi, cionondimeno non potevo ignorare i consigli di un professionista di grande esperienza.
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