Se sei mai stato appassionato di rugby, ti sarà capitato di vedere gli All Blacks neozelandesi inscenare, prima di una partita, l’Haka.
E’ la danza intimidatoria per eccellenza. Il suo scopo principale è quello di fiaccare la volontà dell’avversario, innestargli il dubbio sulle proprie capacità, fargli avere paura. Può funzionare, come anche no. Non è questo ciò che ci interessa.
Ciò su cui vorremmo concentrarci oggi, noi due, è il recupero crediti. Nel corso degli anni ho lavorato con team di recupero molto variegati, e spesso mi sono trovato a confrontarmi con recuperatori convinti che questo fosse il metodo giusto. Fiaccare il debitore, farlo sentire piccolo, farlo percepire come sbagliato.
Personalmente, sono contrario a questa filosofia. Totalmente e senza alcuna riserva. L’intimidazione non è mai una buona idea. Anzitutto a livello umano, perché trovo spregevole il bullismo creditorio, ma anche a livello di oggettiva valutazione dell’efficacia dell’azione di recupero: sul lungo termine e sui grandi numeri, la professionalità paga, molto più di una minaccia. Solo, è molto più difficile imparare ad essere professionali rispetto ad essere minacciosi. Costa fatica, come tutte le cose che val la pena di imparare e di fare.
Come dico sempre se faccio un corso o una consulenza, l’atteggiamento migliore per ottenere il pagamento consiste nel tenere la questione a un livello oggettivo. All’interno di questo livello è necessario essere freddi nei confronti delle emozioni negative (rabbia, scoraggiamento, disappunto non devono penetrare la nostra azione) ed empatici nei confronti del debitore. Deve poterci parlare, deve potersi anche confidare, e questa non è solo bontà d’animo, è efficacia: solo così potremo avere un rapporto in cui le informazioni sono condivise e possiamo fidarci delle promesse.
Aggiungiamo una cosa: sono stufo che quando dico che il recupero crediti è un servizio anche per il debitore mi ridano in faccia, immaginandomi come l’esattore del pizzo che va a spezzare le gambe. Essendo umani, può capitare la giornata storta. Può capitare che ci scappi la frase di troppo. Non può essere la prassi, anche perché le minacce di un presunto professionista, nel mondo di oggi dove ciascuno può informarsi con facilità sui propri diritti e sugli altrui doveri, anche deontologici, davvero non fa paura (vedi l’immagine sotto il titolo per capire visivamente l’effetto che farebbe…)!
D’altro canto, e qui non voglio contraddirmi ma voglio far capire la complessità dell’attività di recupero,questo non significa che ogni tanto questa non sia la cosa giusta da fare: quando un debitore sta palesemente prendendoti in giro, sta facendoti perdere tempo, sta inabissandosi sempre di più nel vortice del debito, allora forse vale la pena esporgli senza fronzoli le conseguenze negative delle sue azioni (nella misura in cui sono vere), e magari anche col tono seccato. Senza essere arrabbiati, perché siamo professionisti e non esattori criminali ma, come diceva Otto “Abbadabba” Berman, Nothing personal, it’s just business. 🙂
E poi, finché il bullo è un bambino delle medie possiamo salvarlo dicendo che è solo un ragazzino, ma se è un ultratrentenne in cravatta e valigetta meglio consigliargli un bravo terapeuta per risolvergli le turbe…
Voi che ne pensate? Sentitevi liberi di commentare qui sotto e farmi sapere se concordate o se vi sembra che mi sbagli di grosso!
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