Come dopo ogni fine trimestre, in questi giorni infernali sto cercando di spiegare alla proprietà gli importanti passi avanti compiuti. Non è sempre possibile andare nel dettaglio delle singole attività, anzi.
La cosa che diventa essenziale in questi momenti è saper scegliere i driver giusti per far capire a chi di dovere dove siamo, dove vogliamo andare, e perché. In questo momento, personalmente, mi sento avvantaggiato, perché lavoro con dei manager preparati e competenti, che anche se non sapevano quasi nulla di gestione crediti fino a qualche mese, hanno rapidamente capito come rapportarsi alla materia, e sono comunque predisposti ad ascoltarmi e capire quello che gli dico.
Ciononostante, è importante che anch’io faccia il mio, e li aiuti preparando in maniera chiara i risultati dell’operato, dando loro degli indicatori che gli permettano di vedere la situazione e la sua evoluzione. Bisogna tenere conto che a loro volta si troveranno a dover presentare i risultati, e che salendo di livello si arriva via via sempre di più a vedere quello che un mio vecchio capo definiva “il numero in basso a destra”, aggiungendo “se è buono è l’unica roba che guardano, se non è buono preparati a una doccia di (censura), caro mio”. Evidentemente è quindi necessario che i dati presentati siano pochi e dannatamente chiari.
Per poter presentare pochi dati, ma chiari e immediatamente comprensibili, è necessario essersi organizzati con anticipo definendo gli indicatori di risultato. Cioè i KPI, Key Performance Indicators.
Un’ulteriore premessa, comunque, è che questi dati sono davvero utili, e dobbiamo realmente tenerli costantemente d’occhio, per valutare il nostro operato e dare una sterzata ove sia necessario!
Tutti i driver di valutazione che si possono utilizzare devono essere immediatamente comprensibili anche ai top manager che non si occupano di collection, e per questo motivo è bene utilizzare quei dati che hanno ripercussioni più o meno immediate sul bilancio, quindi sul fatidico numero in fondo a destra che turba le notti della dirigenza e della proprietà.
La prima cosa che viene in mente è la più facile, ma rende bene. I Crediti sono una voce dello stato patrimoniale, e noi siamo assunti perché non scadano. Un bel report sugli scaduti, quindi, funzionerà benissimo. Facciamo vedere da dove siamo partiti tre mesi fa, e dove siamo ora. Spero che anche i tuoi scaduti siano scesi del 15%, perché questa è la statistica che sto presentando… Un bel grafico che mostri un’evoluzione verso il basso è la miglior presentazione del mondo: semplice ed efficace.
Un altro reportino, che incrocia due dati di bilancio, è quello del rapporto credito scaduto/vendite. Ora, queste sono due misure non direttamente relazionate: si prendono infatti le vendite di un periodo con i crediti aperti e scaduti alla fine di quel periodo, una voce praticamente è il Valore della produzione di cui al Conto economico e una voce rientra nei Crediti di cui allo Stato patrimoniale. Qualcuno potrebbe obiettare che non ha senso metterle insieme, in quanto è come paragonare zucchine e banane. L’obiezione si può respingere facendo presente che, vista nell’andamento, offre comunque un indicatore della bontà delle vendite e dei clienti, e permette, andando poi ad approfondire per Area, o Responsabile, o Linea di prodotto, di verificare quali tra questi espongano l’Azienda a un maggiore rischio, e non è poca cosa.
Un indicatore simile e forse più coerente, ma meno utilizzato, è rappresentato dal credito scaduto sul credito aperto. A livello pratico l’indicatore permette le medesime considerazioni, però utilizzando due unità di misura più simili.
Importante è poi dividere gli scaduti secondo l’anzianità. Facile da generare, per questo report si prendono tutte le fatture scadute e si clusterizzano. Un buon esempio di cluster è “<30 giorni”, “30-60 giorni”, “60-90 giorni”, “90-120 giorni”, “120-240” giorni, “>240 giorni”. Si dovranno quindi evidenziare il numero di fatture e la somma dei relativi importi. Cosa è meglio che si veda? Dove deve essere la concentrazione del credito perché siamo soddisfatti? L’istinto dice che è meglio che la maggior parte dello scaduto sia nei primi settori, ma bada bene che dipende dagli importi e non è sempre così: dove il problema dell’azienda fosse che troppi clienti pagano sempre in ritardo, utilizzandola per finanziarsi evitando le banche, può addirittura essere meglio mostrare una diminuzione delle fatture recenti ed una concentrazione nei cluster più alti, in quanto evidenzierebbe una riduzione del ritardo fisiologico e la maggior importanza di quello patologico, che però sicuramente starai curando con i mezzi più adeguati (lo stai facendo, vero?).
Un altro punto interessante è un grafico che esprima la fase del recupero in cui si trova attualmente il credito. I clienti morosi vanno divisi per l’attività che sta venendo dedicata. Per fare un esempio, si può dividere in “Gestione commerciale”, “Gestione di sede”, “Outsourcing”, “Pre-legale” e “Legale”. Questi ultimi due punti possono anche essere oggetto di approfondimento per precisare la singola attività in corso, dalla diffida al D.I. all’esecuzione (anche questa fase per fase…).
Se utilizzate outsourcer, è basilare divertirsi anche con un’analisi del loro operato.
Due sono i dati: performance (tipicamente: recuperato/affidato, magari in un bel grafico che ne evidenzi il risultato da un punto di vista temporale) e costi. Se stanno andando male, preparati già una buona alternativa: non sei lì a fare grafici ma a fare in modo che i grafici mostrino la linea che vogliono gli investitori: se un fornitore non funziona, devi cambiarlo prima di subito.
Ci sono molti altri indicatori importanti? Ragionando possiamo trovarne, sì. Inoltre, ciascuno di questi può essere declinato in varie sottocategorie (geografia, responsabile, ecc.) e può venire incrociato con gli altri. Ma con questi siamo già a buon punto.
Una volta preparati gli indicatori, però, inizia la parte davvero difficile. Devi farne un’analisi. Deve essere breve e concisa, però deve essere anche molto chiara e far capire la situazione reale e, se possibile, anche le tue richieste. Qui devi essere brillante nell’individuare i dati più salienti e farli emergere adeguatamente. Non c’è una regola: sei tu a sapere i numeri e la situazione, l’unica raccomandazione è più da marketer che da credit manager: poche parole, immediatamente leggibili e che attirino l’attenzione.
Un’ultima raccomandazione: non raccontare balle. Mai. Presentare i dati in modo che si veda che stai lavorando bene, è lecito. Mentire no: i nodi devono venire al pettine ed è meglio che sia tu immediatamente a presentarli. Ad esempio, se hai raggiunto il risultato di ridurre gli scaduti ma non di ridurre i tempi di gestione, è normale concentrare l’attenzione sul risultato raggiunto e poi sulla nuova soluzione che vuoi proporre per il problema irrisolto. Non va bene nascondere il dato oppure alterarlo. Se cerchi di rendere i dati migliori di quello che sono, durerai poco: al primo bilancio i numeri non torneranno e tu sarai sottoponibile a una bastonatura epica. I dati devono essere quelli ufficiali ed essere quadrati. Controlla più volte che tutte le somme diano lo stesso risultato. L’unica eccezione all’uso dei dati ufficiali è la correzione di anomalie: ad esempio, sai che un cliente ha eseguito un pagamento, ma non è ancora contabilizzato: allora ha senso modificare il dato, ma solo perché sia più aderente alla realtà.
Con queste poche righe dovresti avere avuto abbastanza materiale su cui lavorare, è inutile stare qui a cincischiare: inizia a macinare dati, che i crediti non si recuperano da soli!
Per approfondire il tema, non posso che consigliare, prima di tutto… me stesso! Ecco il link alla pagina Amazon in cui si può trovare il mio Manuale pratico di gestione del credito commerciale edito da Primiceri Editore. Ho davvero cercato di approfondire tutti gli aspetti della gestione crediti che mi trovo quotidianamente di fronte nel mio lavoro di credit manager, dall’apertura del cliente al recupero, dall’analisi del credito al passaggio a perdita.
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